Buongiorno lettori e lettrici,
ecco a voi la recensione del romanzo Il cactus non ha colpa di Roberta Marcaccio, edito Triskell Edizioni, un libro che mi ha colpito per la sua attualità.
Parla di una donna che ha dedicato tutta la sua vita al lavoro, senza pensare all’amore o a costruirsi una famiglia, felice di farlo perché la sua professione la soddisfaceva e i colleghi erano diventati come una famiglia per lei, fino al giorno in cui è costretta ad andarsene senza una valida ragione.
Il cactus non ha colpa di Roberta Marcaccio
Titolo: Il cactus non ha colpa
Autrice: Roberta Marcaccio
Editore: Triskell Edizioni
Data di uscita: 13/02/2021
Genere: Narrativa contemporanea
Pagine: 270
Prezzo Ebook: 4,99€
Prezzo Cartaceo: 13,00€
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Trama
Alla soglia dei quarantacinque anni Rebecca perde l’unico amore a cui ha dedicato vita, anima e cuore. Il suo lavoro.
Una lettera, consegnatale personalmente dall’amministratore delegato dell’azienda per cui lavora, cancella ventiquattro anni di carriera e la mette di fronte alla scelta più difficile che abbia mai dovuto affrontare: rimanere fedele a se stessa e chiudere per sempre una porta alle sue spalle.
Ventiquattro anni di carriera fatti di rapporti umani, sedi di lavoro diverse, dalla Romagna al Piemonte, fino alla Valle d’Aosta, legami più o meno forti coi colleghi, amicizia e passione per un lavoro che a tratti diventa preponderante su tutto.
La storia di Rebecca è brutalmente attuale.
Lo ascoltiamo al telegiornale, lo leggiamo sui quotidiani ma quando capita diventa un duro rospo da ingoiare.
Rebecca, Giuliano, Ilaria, Vittorio, non necessariamente in quest’ordine, sono i protagonisti di una vicenda in cui tante persone possono identificarsi.
Il lavoro per molti è rifugio, consolazione, passione, si investono anni di vita e quando vengono a mancare certe condizioni ci si sente traditi, come se lo facesse l’amore della nostra vita.
Che strada sceglierà Rebecca?
Riuscirà a dare una nuova direzione alla sua vita?
Il romanzo racconta con emozione, ma anche una punta di ironia, una storia come ne sono accadute tante e che non si augura a nessuno, anche se… non è forse vero che non tutti i cactus vengono per nuocere?
Recensione
Nuotare nei ricordi, se dolorosi, è come grattare sulla ferita e farla sanguinare di nuovo.
Ho letto Il cactus non ha colpa attratta dall’argomento del romanzo: la protagonista è una donna manager che ha messo la carriera al primo posto, trasmette un’immagine di donna diversa da quella a cui siamo fin troppo abituati, felice della sua vita anche senza un marito e dei figli.
Il tema di cui si parla è quanto mai attuale, ci mostra come sia difficile rimettersi in gioco e cercare lavoro, soprattutto se si è una donna e si hanno più di quarant’anni, nonostante tanti anni di esperienza alle spalle.
Iniziare un lavoro non è a senso unico. Non è solo il datore di lavoro che testa il dipendente, ma anche il contrario. I binari sono sempre due. L’andata e il ritorno.
La trama è particolare, un susseguirsi di esperienze della protagonista, soprattutto lavorative, l’inizio è una panoramica generale sugli eventi appena accaduti, senza entrare troppo nei dettagli e lasciando al lettore la curiosità di scoprire cosa ha spinto Rebecca ad andarsene da un’azienda che ama e a cui ha donato tutta sé stessa.
Poi inizia una serie di flashback in cui vengono ripercorsi gli ultimi 24 anni di vita della protagonista e tutto ciò che l’ha portata ad essere la donna che è ora.
Col tempo ho imparato a fare a meno di tante cose, a viaggiare leggera , con pochi abiti e accessori e una scarpa col tacco alto sempre pronta da infilare all’ultimo secondo.
L’azienda in cui lavorava Rebecca e dove, negli anni, ha ricoperto ruoli sempre più importanti è una software house.
Mi è piaciuto molto il modo in cui l’autrice ha raccontato non solo l’evoluzione professionale di Rebecca, ma anche quella degli strumenti utilizzati. Io nella vita sono una sviluppatrice software, un po’ come i ragazzi con cui si trova a lavorare lei ed è stato carino, per me, vedere come funzionavano le cose nel mondo dell’informatica negli anni ’90.
Il romanzo è ambientato in Italia, tra Cattolica, in Romagna, Milano, Torino e Pont-Saint-Martin in Valle D’Aosta, luoghi che la protagonista ha amato, in cui ha vissuto o lavorato e che sono parte di lei.
L’amore è durato ventiquattro anni e poi puff, finito in un battito di ciglia. Mi sono ritrovata in una specie di frullatore , azionato per pochi minuti, sbattuta contro le pareti del bicchiere, fino a quando qualcuno ha sollevato il coperchio e io sono schizzata fuori direttamente dalla porta d’ingresso dell’azienda per cui lavoravo.
La storia è narrata interamente dal punto di vista di Rebecca, che in un alternarsi di presente e passato racconta gli ultimi 24 anni della propria vita.
Ho apprezzato molto lo stile dell’autrice, semplice, diretto, a tratti ironico e con un lessico colloquiale.
Sto collezionando catastrofi che neanche i migliori veggenti potevano prevedere.
Il ritmo è incalzante, tra un evento narrato e il successivo a volte passa parecchio tempo e a volte avrei preferito più dettagli o spiegazioni.
Ci sono un po’ di dialoghi, ma il romanzo è prevalentemente un racconto in cui la protagonista narra al lettore le proprie vicissitudini.
Le descrizioni dei posti sono molto carine e trasmettono l’amore di Rebecca per i luoghi in cui si trova a vivere o lavorare.
La caratterizzazione dei personaggi è molto accurata, riusciamo a immaginarci alla perfezione tutte le persone che fanno parte della storia, sia fisicamente che caratterialmente.
Ciò che mi ha colpito di più, però, è il modo in cui l’autrice riesce a trasmettere le emozioni della protagonista, attraverso immagini e metafore molto evocative.
Ho un tatuaggio grigio sull’anima che, mio malgrado, qualcuno ha disegnato e, se voglio tornare a vivere, devo cancellare.
Il titolo prende il nome dal primo episodio raccontato nel romanzo: Rebecca appena rientrata a casa, dopo l’evento che dà il via al romanzo, scaglia contro un muro la prima cosa che si trova per le mani: un cactus che non aveva nessuna colpa.
Rebecca
Ho sacrificato una vita alla carriera e ho dedicato tempo ed energie alle persone con cui lavoravo: ho dato tutto quello che potevo senza risparmiarmi mai. Un puzzle perfetto, distrutto in poco meno di dieci minuti.
Rebecca è una donna in carriera che a più di quarant’anni si trova a dover ricominciare da zero in un mondo in cui è sempre più difficile trovare un lavoro.
Cerca ovunque, pensa anche di riprendere gli studi, fa numerosi colloqui, ma la risposta è sempre no: o è troppo competente o lo è troppo poco e quando trova un impiego non è neanche paragonabile a quello che aveva prima.
La vita è fatta di luci e ombre. A una cosa bella corrisponde immancabilmente un evento negativo, e quando pensi di esserti liberata da un incubo ecco che ne arriva subito un altro.
Ha un carattere forte, è testarda e determinata, ha amato il suo lavoro in SoftGen e lasciarlo è stata una grande sofferenza perché ha dovuto rinunciare a una parte molto importante della sua vita.
Assomiglia a un rapporto troncato via email o telefono o chat. Senti solo dolore, ma non sai perché.
Il perché abbia dovuto farlo all’inizio non si sa, anche se a un certo punto il lettore comincia ad immaginarlo.
Da questa esperienza Rebecca capisce che nella vita il lavoro non può bastare e che condividere la vita con un uomo che ti ama e ti sostiene, in fondo, non è così male.
Ci sono cose che meritano di essere vissute e non dimenticate in un angolo. E tra queste forse anche l’amore.
In questo libro Rebecca si apre col lettore, raccontando tutto di sé, i dubbi, le incertezze che ha avuto negli anni e come li abbia affrontati e superati, anche grazie alle persone stupende che aveva intorno: Ilaria prima di tutti, la sua migliore amica, ma anche Vincenza e Susanna, le sue collaboratrici più strette e alcuni colleghi fidati.
Il giocattolo è rotto. Era fatto di un materiale che non si può aggiustare: c’erano passione, dedizione, impegno, sacrificio.
Ilaria
Sono cresciute insieme e anche se lontane hanno mantenuto un rapporto stupendo fatto di telefonate e di momenti di condivisione anche a distanza: film, cene, camminate e pure le pulizie.
Ilaria è l’amica che tutti vorremmo: solare, dolce e generosa, fa la volontaria in un associazione che si occupa di donne e bambini in difficoltà.
La tua è una delusione, una ferita morale, ma non devi permettere a nessuno di portarti via la vita così.
Vuole molto bene a Rebecca, si preoccupa per lei e cerca sempre di proteggerla, c’è sempre stata per lei e anche quando erano in disaccordo ha appoggiato le sue scelte dandole consigli o sgridandola, all’occorrenza.
La vita è fatta di scelte, dice sempre Ilaria, e siamo noi a scegliere. È fatta di una serie infinita di bivi davanti ai quali ci sono due possibilità: andare a destra o a sinistra; avanti o tornare indietro
Giuliano
È il capo di Rebecca, un uomo che ha avuto un ruolo particolare nella suo vita, è stato il suo mentore per tanti anni, quello che ogni volta le proponeva una nuova meta e una nuova sfida ed è stato anche l’unico di cui si è innamorata, ma per lei lavoro e vita privata devono stare separate.
Ha guidato i miei passi in SoftGen, avviato la mia carriera, stimolato la mia curiosità professionale e poi, nel momento in cui avevo bisogno di una motivazione, è svanito.
Ammiro molto Rebecca per la sua integrità morale, per essere stata capace di non oltrepassare i limiti che si era imposta e per aver provato a mantenere separati lavoro e vita privata, per quanto fosse difficile e i suoi sentimenti per Giuliano fossero evidenti.
Di lui non si sa molto, né della sua vita privata, né che fine abbia fatto e questo mi ha lasciato una gran curiosità, per tutto il libro mi sono chiesta cosa pensasse e il suo atteggiamento mi ha lasciato molto perplessa.
Federico
È il grande antagonista di questa storia, un personaggio viscido e odioso, che fin dall’inizio è stato la spina nel fianco di Rebecca perché voleva il ruolo che lei ricopriva.
Vittorio
È un uomo stupendo, dolce, premuroso, attento e la ama davvero.
Si sono conosciuti per caso, su un treno Milano – Roma e da allora non si sono più lasciati.
Rebecca ha sempre messo la carriera al primo posto, tralasciando gli uomini e le relazioni, non ha mai avuto una storia con un uomo, solo qualche flirt di breve durata, invece sta con Vittorio da due anni e “non si è ancora stancata del doppio spazzolino“.
Mi fa sentire importante . Le sue parole mi colpiscono in un punto in cui nessuno è arrivato mai. Percepisco la sua presenza in ogni cosa che faccio, anche quando non c’è. È una sensazione nuova, una carezza costante sull’anima.
Le piace stare da sola, Vittorio invece è tutto l’opposto, prima di lui non aveva mai conosciuto qualcuno che le desse la stessa passione del lavoro.
Anche se lo ama è riluttante a pensare a matrimonio, convivenza e tutto ciò che implichi una condivisione profonda di tempo e spazio, per questo fatica a impegnarsi con lui che invece vorrebbe tutto ciò.
Ho letto Il cactus non ha colpa con piacere, sono riuscita a immedesimarmi in pieno con la protagonista, a capire i suoi sentimenti e le sue scelte, ha una grande forza d’animo e l’ho ammirata molto.
Questo romanzo non racconta solo una storia, ma dà speranza a tutti coloro che in questo periodo così difficile affrontano situazioni simili.
La verità è che il destino sa quando è ora di cambiare rotta, spingere sull’acceleratore e virare bruscamente.
Lo consiglio a tutti quelli che stanno passando un brutto momento, che sono sconfortati o amareggiati e che hanno bisogno di rimettersi in gioco.
Ringrazio l’autrice e la casa editrice Triskell Edizioni che mi hanno gentilmente offerto la copia digitale.
Autrice: Roberta Marcaccio
Roberta Marcaccio è nata a Rimini, ha 54 anni e vive in Romagna.
Diplomata in ragioneria ha lavorato in diverse aziende nel settore informatico come operatore di assistenza, responsabile e manager. Ha viaggiato molto, per lavoro, girando quasi tutta l’Italia.
I luoghi in cui ha lasciato un pezzo di sé sono Milano e Ivrea.
Ha pubblicato due romanzi: “Tranne il colore degli occhi”e “Ti raggiungo in Pakistan”.
Ha collaborato con la rivista Il Colophon e nel 2015 ha ricevuto il diploma di merito per il racconto “L’Hotel Rimini” al concorso Scintille in 100 parole.
Ha un blog: www.robertamarcaccio.com