Buongiorno lettori e lettrici, ecco a voi la recensione del libro Il bambino con il pigiama a righe di John Boyne, una storia toccante e commovente.
Racconta gli orrori di Auschwitz dal punto di vista di Bruno, un bambino di 9 anni, che non sa nulla della guerra, degli ebrei, né dei campi di concentramento, nonostante suo padre sia proprio il comandante dei soldati del campo.
Questo libro era da tempo nella mia libreria e ho scelto di leggerlo proprio a gennaio in onore del Giorno della Memoria, perché per il passato non possiamo più fare nulla, ma ricordare è doveroso, affinché tragedie simili non accadano mai più.
Quando ero al liceo non mi piacevano le materie umanistiche, faticavo a studiare, ma la storia della seconda guerra mondiale e dell’Olocausto mi ha colpito particolarmente.
Da allora ogni anno leggo sempre almeno un libro che tratti questo tema, quest’anno è stato Il bambino con il pigiama a righe.
La particolarità di questa storia è che ci viene raccontata attraverso gli occhi di un bambino, non avevo mai letto nulla del genere ed è stato emozionante.
Il bambino con il pigiama a righe di John Boyne
Titolo: Il bambino con il pigiama a righe
Autore: John Boyne
Traduttrice: Patrizia Rossi
Editore: Rizzoli
Data di uscita: 04/01/2006
Genere: Romanzo / Narrativa
Pagine: 211
Prezzo Ebook: 799,00€
Prezzo Cartaceo: 800,00€
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Trama
Caro lettore, sebbene di solito ci riserviamo questo spazio per raccontarti una trama o descriverti dei personaggi, per una volta ci prenderemo la libertà di non farlo. Non solo perché il libro che hai fra le mani è molto difficile da definire, ma anche perché siamo convinti che qualunque nostra parola ti priverebbe del sapore della scoperta. Se comincerai a leggere questo libro, infatti, farai un viaggio. Un viaggio con un bambino di nove anni che si chiama Bruno. (Ma questo non è un libro per bambini di nove anni.) E presto o tardi arriverai con lui in un luogo circondato da un recinto. Di luoghi così al mondo ne esistono molti, ma speriamo che tu non ne conosca mai uno.
Auschwitz attraverso gli occhi di un bambino
Tanto per cominciare, non erano bambini. Non tutti, almeno. C’erano bambini piccoli e ragazzi grandi, padri e nonni. E forse anche degli zii e delle zie. E qualche tipo solitario, di quelli che vivono sulla strada e non danno l’idea di avere parenti. C’erano tutti.
Il bambino con il pigiama a righe è un libro bellissimo ambientato in parte a Berlino e principalmente ad Auschwitz.
La storia ci viene raccontata in terza persona da un narratore esterno che si immedesima in Bruno e attraverso la sua voce e i suoi occhi che ci mostra tutti gli avvenimenti.
Lo stile è semplice e scorrevole, il libro breve ma molto intenso, io l’ho letto in un weekend.
Il ritmo è tranquillo ma coinvolgente.
Il tipo di narrazione è particolare, i pensieri e le emozioni sono quelli di un bambino quindi così come i dialoghi e le domande che si pone, interrogativi a cui nessuno dà risposte soddisfacenti.
Tutte le descrizioni sono molto dettagliate, è commovente come vengono descritti luoghi, persone e situazioni.
ciò che vide gli fece sgranare gli occhi e spalancare la bocca in una grossa O, ma le braccia rimasero rigide lungo i fianchi perché c’era qualcosa là fuori che gli diede un gran senso di gelo e di incertezza
Bruno, ignaro di ciò che accade intorno a lui, si rende conto che c’è qualcosa d’inquietante nel luogo in cui si trovano.
Bruno e Shmuel
Un giorno era totalmente felice, giocava a casa sua, aveva tre amici per la pelle, scivolava sulla balaustra, in punta di piedi ammirava Berlino, e adesso eccolo lì imprigionato in quell’odiosa casa fredda, con quelle tre brutte cameriere scheletriche e un cameriere infelice e rabbioso, dove nessuno sembrava poter ritrovare il sorriso
Bruno è un bambino di 9 anni, molto sveglio.
Vive a Berlino con la mamma, il papà e la sorella Gretel, che ha 12 e secondo lui è un caso disperato, ha due migliori amici ed è felice.
Tutto cambia quando una mattina Bruno torna a casa e trova la cameriera mentre mette via tutte le sue cose, quando chiede spiegazioni alla madre lei gli dice soltanto che dovranno trasferirsi per qualche tempo per il lavoro del padre in un posto che lui chiama Auscit.
Bruno ha tanti dubbi, molte cose non gli sono chiare, non ha idea di quale sia il lavoro del padre e per lui Hitler è solo “Il Furio“, una persona molto importante, che una volta è andato addirittura a cena casa loro e per il quale il padre è “uno da tenere d’occhio” dato che “aveva grandi progetti per lui”.
Per il bambino è una tragedia, dovrà abbandonare la sua bella casa e i suoi migliori amici per trasferirsi in un posto di cui non sa nulla, quando arriva è anche peggio perché si rende conto che il luogo è molto peggio di come si aspettasse, intorno non ci sono negozi, case o persone.
Dalla finestra vede solo un posto orribile a cui i genitori hanno vietato avvicinarsi.
Bruno però ama esplorare e un pomeriggio in uno dei suoi giri “scopre” : Shmuel, un bambino della sua età, nato il suo stesso giorno, che vive all’interno del campo.
«Le nostre mani» disse. «Sono così diverse. Guarda!» I due bambini guardarono nello stesso momento e la differenza era evidente. Anche se Bruno era basso per la sua età, e certo non era grasso, la sua mano era sana e piena di vita. Le vene non si vedevano attraverso la pelle, le dita non erano poco più di bastoncini secchi. La mano di Shmuel raccontava una storia molto diversa. «Come ha fatto a diventare così?» chiese Bruno. «Non lo so» disse Shmuel. «Una volta assomigliava di più alla tua, ma non mi sono accorto che cambiava. Tutti quelli che stanno dalla mia parte del recinto adesso sono così.»
Le differenze tra loro sono tante, ma instaurano una bellissima amicizia. Sono bambini, ma non possono giocare insieme, non possono fare tutto ciò che normalmente fanno gli amici, perciò parlano molto, si raccontano le rispettive vite e come sono arrivati ad essere ai lati opposti di un filo spinato.
Bruno non conosce la parola “ebreo” finché Shmuel non gli dice di esserlo, ma non gli spiega cos’è, dando per scontato che lo sapesse.
Noi siamo ebrei?» Gretel spalancò la bocca come se avesse appena ricevuto uno schiaffo. «No, Bruno» disse. «No, senza ombra di dubbio. E non dirlo neanche per scherzo.» «Ma perché no? Cosa siamo, allora?» «Siamo…» cominciò Gretel, ma dovette interrompersi per rifletterci. «Noi siamo…» ripeté, ma non era sicura di quale fosse la risposta a quella domanda. «Oh, insomma, noi non siamo ebrei» disse alla fine, pur sapendo che questa era una risposta insoddisfacente. «Ho capito che non lo siamo» disse Bruno scontento. «Ti sto chiedendo cosa siamo se non siamo ebrei.» «Siamo il contrario» rispose Gretel d’impulso, e si sentì soddisfatta per la risposta. «Sì, è proprio così. Siamo il contrario.»
Da questo libro è stato tratto anche un film, che io però non ho ancora visto è mia abitudine, almeno quando possibile leggere prima i libri e solo dopo vedere i film, un po’ perché così riesco a immaginare i personaggi a modo mio e un po’ perché non voglio sapere come finirà la storia ancora prima di leggerla.
Voi cosa ne pensate siete d’accordo con me o guardate i film prima?
Avete letto il libro o visto il film, se sì cosa vi ha lasciato?
Personalmente, questo romanzo mi ha lasciato una profonda tristezza, sono rimasta colpita dall’innocenza del protagonista e mi sono affezionata a lui fin dall’inizio.
Autore: John Boyne
John Boyne (Dublino, 30 aprile 1971) è uno scrittore irlandese.
Dopo aver studiato presso il Trinity College di Dublino, ha frequentato il corso di Scrittura , all’Università dell’East Anglia dove ha guadagnato il premio Curtis Brown; ma già ai tempi del college era riuscito a far pubblicare i suoi lavori.
John Boyne ha scritto vari romanzi, sia per un pubblico adulto che per ragazzi, ed un certo numero di racconti che sono stati pubblicati in varie antologie o trasmesse alla radio o in televisione. Il suo romanzo più conosciuto, Il bambino con il pigiama a righe, è stato al primo posto nella New York Times Best Seller List ed ha venduto più di 5 milioni di copie in tutto il mondo; da esso è stato tratto un omonimo film nel 2008.
Un altro suo romanzo di successo è La casa dei fantasmi, scritto nel 2013 e pubblicato nel 2015 in Italia dall’editore Rizzoli, nella traduzione di Beatrice Masini.